Scuolanostra
latino classe V
APULEIO, METAMORFOSI
La metamorfosi da uomo ad asino
[III,24]
Haec identidem adseverans summa cum trepidatione inrepit cubiculum et
pyxidem depromit arcula. Quam ego amplexus ac deosculatus prius utque
mihi prosperis faveret volatibus deprecatus abiectis propere laciniis
totis avide manus immersi et haurito plusculo uncto corporis mei membra
perfricui. Iamque alternis conatibus libratis brachiis in avem similis
gestiebam; nec ullae plumulae nec usquam pinnulae, sed plane pili mei
crassantur in setas et cutis tenella duratur in corium et in extimis
palmulis perdito numero toti digiti coguntur in singulas ungulas et de
spinae meae termino grandis cauda procedit. Iam facies enormis et os
prolixum et nares hiantes et labiae pendulae; sic et aures inmodicis
horripilant auctibus. Nec ullum miserae reformationis video solacium,
nisi quod mihi iam nequeunti tenere Photidem natura crescebat.
Con grande trepidazione, Fotide entrò
nella camera e prese dallo scrigno un vasetto. Io me lo strinsi al
petto e lo baciai e pregai che mi facesse fare voli felici, e dopo
essermi tolto in fretta tutti i vestiti, vi immersi avidamente la mano
ed estrassi una dose abbondante; con essa massaggiai tutte le membra
del mio corpo. Già alzando le braccia tentavo di muovermi con alterni
movimenti come un uccello; ma non c’erano nè piume nè penne, invece i
miei peli si ingrossarono in forma di setole, la mia pelle morbida si
indurì in cuoio ; alle estremità degli arti le dita si fusero in un
unico zoccolo e dalla parte terminale della colonna vertebrale spuntò
una lunga coda. Già ecco un muso enorme, una bocca allungata , narici
aperte e labbra penzoloni; mentre le orecchie, cresciute a dismisura,
stavano con il pelo diritto. Non trovavo niente di confortante in
quell’orribile trasformazione, se non il fatto che anche il mio sesso
fosse cresciuto; ma ormai non potevo più abbracciare Fotide. (trad. G.Mosconi)
CARLO COLLODI, Le avventure di Pinocchio (1883)
(cap. XXXII)
E questa sorpresa quale fu?
Ve lo dirò io, miei cari e piccoli lettori: la sorpresa fu che
Pinocchio, svegliandosi, gli venne fatto naturalmente di grattarsi il
capo; e nel grattarsi il capo si accòrse....
Indovinate un po’ di che cosa si accòrse?
Si accòrse, con suo grandissimo stupore, che gli orecchi gli erano cresciuti più d’un palmo.
Voi sapete che il burattino, fin dalla nascita, aveva gli orecchi
piccini piccini: tanto piccini che, a occhio nudo, non si vedevano
neppure! Immaginatevi dunque come restò, quando dovè toccar con mano
che i suoi orecchi, durante la notte, erano così allungati, che
parevano due spazzole di padule. Andò subito in cerca di uno specchio,
per potersi vedere: ma non trovando uno specchio, empì d’acqua la
catinella del lavamano, e specchiandovisi dentro, vide quel che
non avrebbe mai voluto vedere: vide, cioè, la sua immagine abbellita di
un magnifico paio di orecchi asinini.
Lascio pensare a voi il dolore, la vergogna e la disperazione del povero Pinocchio!
I suoi orecchi, durante la notte, erano così allungati che parevano due
spazzole di padule. Cominciò a piangere, a strillare, a battere
la testa nel muro: ma quanto più si disperava, e più i suoi orecchi
crescevano, crescevano, crescevano e diventavano pelosi verso la cima.
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