- Plura locuturum timido Peneia cursu
- fugit cumque ipso verba inperfecta reliquit.
- Tum quoque visa decens: nudabant corpora venti,
- obviaque adversas vibrabant flamina vestes,
- et levis inpulsos retro dabat aura capillos,
- auctaque forma fuga est. Sed enim non sustinet
ultra
- perdere blanditias iuvenis deus, utque movebat
- ipse amor, admisso sequitur vestigia passu.
- Ut canis in vacuo leporem cum Gallicus arvo
- vidit, et hic praedam pedibus petit, ille salutem:
- alter inhaesuro similis iam iamque tenere
- sperat et extento stringit vestigia rostro;
- alter in ambiguo est, an sit conprensus, et ipsis
- morsibus eripitur tangentiaque ora relinquit:
- sic deus et virgo, est hic spe celer, illa timore.
- Qui tamen insequitur, pennis adiutus amoris
- ocior est requiemque negat tergoque fugacis
- inminet et crinem sparsus cervicibus adflat.
- Viribus absumptis expalluit illa, citaeque
- victa labore fugae, spectans Peneidas undas:
- "Fer pater" inquit "opem! Si
flumina numen habetis,
- qua nimium placui, mutando perde figuram!"
- Vix praece finita torpor gravis occupat artus,
- mollia cingunt tenui praecordia libro,
- in frondem crines, in ramos bracchia crescunt;
- pes modo tam velox pigris radicibus haeret,
- ora cacumen obit: remanet nitor unus in illa.
- Hanc quoque Phoebus amat, positaque in stipite
dextra
- sentit adhuc trepidare novo sub cortice pectus,
- complexusque suis ramos, ut membra, lacertis
- oscula dat ligno: refugit tamen oscula lignum
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- La figlia di Peneo sfugge con corsa impaurita ad
- Apollo che stava per pronunciare altre parole,
- e lo lascia a metà del discorso.
- Anche allora era bella a vedersi;
- il vento le denudava le membra; i soffi del vento
- facevano vibrare le vesti ad essi opposte e
- l'aria spingeva indietro i capelli:
- la bellezza è aumentata dalla fuga.
- Ma il giovane dio non sopporta più
- di perdersi in blandizie e come lo spinge Amore,
- la insegue con passo incalzante.
- Come un cane gallico che scorge in campo
- aperto una lepre, e insegue la preda con le
zampe,
- mentre quella cerca la salvezza; l'uno crede
- ormai di averla agguantata e spera di
- afferrarla e la stringe da vicino col muso,
- mentre l'altra, ancora incerta se sia stata
afferrata,
- sfugge all'ultimo momento ai morsi e riesce
- ad allontanarsi dalla bocca pronta ad azzannarla;
- così il dio e la fanciulla; l'uno è veloce
- per la speranza, l'altra per il timore.
- Tuttavia quello che insegue, aiutato dalle ali
- dell'amore, è più veloce, nega riposo, incombe
- alle spalle della fuggitiva, ed ansima
- sui capelli sparsi sul collo.
- Consumate le forze, quella impallidisce
- e sopraffatta dalla fatica di una corsa veloce,
- guardando le onde del fiume paterno, dice:
- "Dammi aiuto, padre mio! Se voi fiumi avete
- un qualche potere, distruggi mutandolo
- questo mio aspetto, per il quale piacqui troppo!"
- Appena è finita la preghiera, un pesante torpore
- le invade le membra; il morbido petto
- si cinge di tenera corteccia; i capelli crescono
- in forma di fronde, le braccia in forma di rami;
- il piede prima tanto veloce si ferma entro pigre
radici,
- la cima confonde il volto; rimane di lei solo la
lucentezza
- Anche così Apollo la ama, e posta la mano
- destra sul tronco, sente ancora battere il cuore
- sotto la corteccia; e dopo aver abbracciato i
rami,
- come se fossero membra, dà baci al legno;
- ma il legno rifiuta quei baci.
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- (trad. di G. Mosconi)
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