Scuolanostra

latino classe quinta


Svetonio. De vita Caesarum

l. I, XXXI-XXXII  Giulio Cesare passa il Rubicone


[31] Cum ergo sublatam tribunorum intercessionem ipsosque urbe cessisse nuntiatum esset, praemissis confestim clam cohortibus, ne qua suspicio moveretur, et spectaculo publico per dissimulationem interfuit et formam, qua ludum gladiatorium erat aedificaturus, consideravit et ex consuetudine convivio se frequenti dedit. Dein post solis occasum mulis e proximo pistrino ad vehiculum iunctis occultissimum iter modico comitatu ingressus est; et cum luminibus extinctis decessisset via, diu errabundus tandem ad lucem duce reperto per angustissimos tramites pedibus evasit. Consecutusque cohortis ad Rubiconem flumen, qui provinciae eius finis erat, paulum constitit, ac reputans quantum moliretur, conversus ad proximos: 'etiam nunc,' inquit, 'regredi possumus; quod si ponticulum transierimus, omnia armis agenda erunt.'

[32] Cunctanti ostentum tale factum est. Quidam eximia magnitudine et forma in proximo sedens repente apparuit harundine canens; ad quem audiendum cum praeter pastores plurimi etiam ex stationibus milites concurrissent interque eos et aeneatores, rapta ab uno tuba prosilivit ad flumen et ingenti spiritu classicum exorsus pertendit ad alteram ripam. Tunc Caesar: 'eatur,' inquit, 'quo deorum ostenta et inimicorum iniquitas vocat. Iacta alea est,' inquit
31. (Cesare) dunque, appena gli fu riferito che l'intercessione dei tribuni era stata respinta e che essi avevano lasciato Roma, dopo aver mandato avanti le coorti di nascosto, per non destare sospetto, partecipò anche a uno spettacolo pubblico, per dissimulare le sue intenzioni, ed esaminò il progetto di una scuola di gladiatori che voleva far costruire, e secondo la sua abitudine partecipò ad un banchetto con numerosi commensali.
Poi, dopo il tramonto del sole, fece  attaccare dei muli, presi da un vicino mulino, ad un carro e con un piccolo seguito iniziò un viaggio in gran segreto; ma poichè , essendosi fatto buio, aveva  sbagliato strada, vagò a lungo; infine all'alba, avendo trovato una guida, riprese il cammino a piedi per stretti sentieri.
Raggiunse le coorti sulle rive del fiume Rubicone, che segnava il confine di quella provincia; si fermò un poco e, riflettendo su quanto grave decisione si prospettava, rivolto a quelli che gli erano vicini , disse: "Fino ad ora possiamo tornare indietro, ma se passeremo questo piccolo ponte, tutto dovrà essere deciso per mezzo delle armi".
32. Mentre ancora esitava, gli si mostrò un prodigio. Un uomo di grande statura e bellezza apparve improvvisamente, seduto lì vicino, intento a suonare il flauto; diversi pastori si avvicinarono per ascoltarlo, oltre che dei soldati dalle loro postazioni e fra questi anche anche dei trombettieri. L'uomo, presa la tromba a uno dei trombettieri, si slanciò verso il fiume e suonando il segnale di battaglia con grande forza, passò sull'altra riva. Allora Cesare disse: " Avanti, dove ci chiamano i prodigi degli dei e l'ingiustizia dei nostri nemici. Il dado è tratto".

(traduzione di G. Mosconi)



 

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